La pestilenza del 1630
La pestilenza che nel 1630 fece tante vittime in Piemonte, rafforzò ancora una volta lo spirito combattivo della comunità di San Michele che si mantenne salda e ben amministrata anche in quel frangente.
Questo flagello passò senza quasi toccare il villaggio e a preservarlo giovò sicuramente la salubrità del luogo ma soprattutto la vigilanza della popolazione e l’attenzione posta nell’osservare gli ordini del magistrato generale sulla sanità.
Conformandosi agli ordini superiori, la comunità pensò per tempo ai provvedimenti da prendere contro la peste.
Già prima dell’ aprile del 1630 erano state messe delle guardie alle entrate del villaggio: sulle alte colline verso Niella e Briaglia e dall’altro confine, verso i monti.
Un’altra linea cingeva più da vicino il villaggio: presso la cappella di San Bernardino e un’altra più in basso presso la cappella di Santa Margherita dove la strada conduceva a Torre da un lato e a Vico dall’altro.
A valle vigilavano altre guardie presso la cappella di San Sebastiano, sulle strade verso Ceva e Lesegno.
Il centro del villaggio, il Borgo, era difeso dalle guardie alle porte e dalle mura innalzate sull’orlo dei fossati che lo cingevano, il Cerretta a ovest e a sud, il Boglietto a est.
Sopra il borgo a metà pendio correva un’altra cinta che si univa ai due lati del castello formata in parte da muraglioni e in parte da rocce stagliate a picco. Gli stessi uomini del paese montavano la guardia e si davano il cambio affinché la sorveglianza fosse continua.
In quei primi mesi del 1630 si parlava ancora vagamente della malattia ma più tardi, il 14 luglio, le notizie divennero più preoccupanti e furono eletti per maggior precauzione due conservatori della sanità.
Il 4 agosto giunsero notizie allarmanti sul diffondersi della malattia e i consiglieri riuniti confermarono i due addetti alla sanità e distribuirono con più precisione le guardie alle entrate.
Tre giorni dopo la peste si avvicinò e si verificarono casi sospetti a Priola, Lisio e Monasterolo, quest’ultimo confinante con San Michele. I consiglieri aggiunsero altri due conservatori della sanità e incaricarono il sindaco di eleggere un medico per ogni evenienza.
In questo difficile momento, come sempre, la gente di San Michele non si perse d’animo e continuò la vita di sempre: si pensò alle contese, si litigò, si radunarono i consigli ordinari e quelli straordinari e il 10 agosto venne eletto il medico e gli fu anticipato metà del compenso per sei mesi.
Arrivò il 25 agosto e le notizie divennero preoccupanti: a Monasterolo aumentavano i casi di morte e anche Torre pareva contagiata. Occorrevano maggiori guardie da quella parte e si scelse una schiera degli uomini abili alle armi capitanata dal signor Giovanni Antonio Della Torre, figlio del signor Giacomo.
Si scelsero tre persone da affiancare al medico e tre monatti, qualora si fosse reso necessario, per seppellire i morti.
La comunità si rese conto che l’ appartarsi così dai paesi vicini poteva avere i suoi inconvenienti e saggiamente si provvide: contro il rincaro dei prezzi venne composta una commissione di controllo e per l’approvvigionamento di merci ogni compra-vendita ai forestieri doveva essere approvata dai conservatori.
Questo avvenne in settembre e nello stesso mese fu alloggiata presso una cascina isolata detta delle Crotte una compagnia di soldati del re di passaggio nel territorio. In tal modo non si mancò ai doveri verso il principe e non si espose il paese al contagio.
All’inizio di ottobre quando il contagio si era allargato anche a Mondovì e Vico vennero prese ulteriori misure per proteggere il paese: si intensificarono le vigilanze, i permessi di uscire dal paese furono concessi molto raramente e si innalzarono barriere e steccati sulle vie verso Vico. A cominciare dal 7 ottobre però, la malattia diminuì rapidamente e i controlli divennero meno energici.
La pestilenza continuò qua e là nei paesi vicini ma San Michele non ne fu colpito.
Il merito fu indubbiamente della loro accortezza ma anche la fede ebbe la sua parte: inviarono ad Asti una persona incaricata di procurarsi dal Vicario generale l’olio miracoloso di Maria Santissima delle Grazie di Milano, dove la pestilenza infieriva.
Il paese usci illeso dalla terribile epidemia.
All’inizio dell’anno successivo decisero di aggiungere alla chiesa in costruzione anche una cappella votiva in onore di San Rocco, protettore contro il contagio.
Anche se il pericolo pareva cessato, la comunità, prudentemente, non abbassò la guardia: non era infatti possibile provenire da un luogo non ancora libero dalla pestilenza senza la bolletta di sanità che ne attestasse della fatta quarantena.
Per questa ragione la popolazione insorse contro il comportamento del signor Galeazzo, figlio del signor Febo, di cui aveva ereditato l’arroganza.
Costui era solito entrare e uscire dal paese a suo piacimento per recarsi a Mondovì attraverso Vico e Briaglia, ignorando le misure sanitarie.
Il 10 agosto, riunita la commissione, gli uomini decisero di recarsi tutti assieme al castello per intimare ai signori l’osservanza della legge. Il signor Galeazzo se ne infischiò allegramente e continuò il suo andirivieni per i paese.
Questo fatto avrebbe potuto avere conseguenze gravi e i consiglieri si appellarono al giudice delegato alla sanità che risiedeva in Niella. Costui citò il signor Galeazzo che si presentò al tribunale il giorno stesso con due compagni armati tutti di pistola e archibugi a ruota.
In sostanza le ragioni che portava in sua difesa erano queste: quale diritto aveva mai il popolo di dettare legge al suo padrone?
Il giudice considerò come una confessione queste arroganti ragioni e il signor Galeazzo fu ritenuto doppiamente colpevole: di essere entrato in San Michele e Niella senza la bolletta sanitaria e di esservi entrato armato, contro il divieto di portare armi.
Non ci sono documenti che raccontino come sia finita la questione, probabilmente fu lasciata cadere con lo svanire della pestilenza.
Nel villaggio di San Michele anche nel 1632 non si verificarono episodi di peste, ci furono soltanto alcuni casi nella borgata di San Paolo, nel mese di Settembre. All’inizio del 1633 un ordine del Duca dichiarava cessato il contagio in tutto il Piemonte.
Per voto venne innalzata nel 1634 una cappella sotto le estreme case della borgata di San Paolo.